Il pubblico ministero, l’interessato e, in determinati casi, l’amministrazione penitenziaria, possono proporre ricorso per cassazione contro le ordinanze del Tribunale di sorveglianza (art. 71 ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”).
Il ricorso può riguardare, per esempio, un’ordinanza del Tribunale in cui non si concede una misura alternativa alla detenzione, o un’ordinanza del Tribunale in cui viene respinto il reclamo presentato da un condannato contro la decisione del magistrato di sorveglianza di non concedere “i giorni” di liberazione anticipata.
I motivi per i quali si può presentare ricorso sono stabiliti dall’art. 606 c.p.p. e riguardano principalmente, nel caso del Tribunale di sorveglianza, vizi di legittimità (violazioni di legge) o vizi di motivazione (mancanza, contraddittorietà, illogicità, eccetera) nell’ordinanza.
Il ricorso va presentato al Tribunale di sorveglianza – che ne prenderà nota e lo inoltrerà alla Corte Suprema di Cassazione per la trattazione – entro dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento verso il quale si intende ricorrere. Può essere redatto dall’interessato (vedi il fac-simile di modulo in questo sito) ma è consigliabile, dati i rigorosi criteri di ammissibilità dei ricorsi, avvalersi della consulenza di un avvocato iscritto all’Albo speciale dei “Patrocinanti in Cassazione” (art. 613 c.p.p.).
Normativa di riferimento:
• art. 71 ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, “Norme sull’ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà”;
• artt. 606 e seguenti del codice di procedura penale.